Ad urne chiuse, possiamo finalmente avere un quadro più nitido e limpido su quello che è successo tra l’ 8 e il 9 giugno dopo la consultazione referendaria promossa dalla CGIL e da una costola del Partito democratico. Un partito, quello di Elly, sempre più lacerato al proprio interno e sempre più diviso, nonostante le frasi di circostanza e le comparsate “di facciata”, che tentano di sminuire e dare alla parte di elettorato “anestetizzato” dalle giravolte verbali della loro segretaria, un’immagine di compatezza e unione. Molti infatti gli esponenti Dem, anche autorevoli, che si sono dichiarati palesemente contrari al Referendum il quale, va detto, andava ad abrogare ciò che la stessa sinistra aveva approvato durante i propri “mandati” governativi.
Divisioni interne talmente evidenti che i referendum sono stati avvertiti come una sorta di regolamento di conti politico, tra le diverse anime dei democratici, molte delle quali hanno ancora evidenti difficoltà a riconoscere la leadership della Schlein.
Già una prima osservazione infatti salta all’occhio anche ai non addetti ai lavori”, ma dotati di semplice spirito di osservazione. Come mai, durante il periodo a Palazzo Chigi, la sinistra non ha provveduto a fare ciò che chiedeva fosse confermato dai cittadini?
Durante la campagna per il SI ai 5 quesiti, al netto delle posizioni giuste o strumentali presentate dai proponenti, la posizione assunta soprattutto da chi non aveva letto nel dettaglio le proposte di abrogazione, era quella di “profonda indignazione” verso chi non aveva intenzione di esercitare il proprio diritto di voto, andando perfino a rispolverare antiche e recenti pellicole cinematografiche dedicate al tema, con “C’è ancora un domani” con Paola Cortellesi su tutti.
E ancora una volta, con la costanza tanto cara agli italiani fin dai tempi dei Guelfi e Ghibellini, la sinistra individua con una precisione chirurgica, il nemico della democrazia, della libera scelta e addirittura della classe lavorativa del nostro stivale. .
C’è chi dai banchi dell’opposizione parlamentare sperava di “dare una spallata” ad un governo che sta procedendo spedito con tutte le azioni necessarie per dare finalmente tutte le risposte agli italiani. Con il flop annunciato la spallata è finita sul muro.
Resta poi da chiedersi se la stessa indignazione o lo stesso atteggiamento, verrà ostentato quando ci sarà veramente da decidere sulla gestione politica e amministrativa e quindi il futuro della Nazione, della propria regione o della comunità dove si vive e si lavora.
Attendiamo con fiducia.